Computational thinking, ovvero pensiero computazionale. Alla Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche di unibz questa parola sintetizza insegnamento, ricerca e generazione di conoscenza a beneficio del territorio, ovvero terza missione, i tre pilastri su cui l’ateneo altoatesino fonda la propria attività di polo culturale e scientifico.

A detta degli esperti, lo sviluppo del pensiero computazionale nelle giovani generazioni avrà presto altrettanta importanza di quello delle competenze matematiche, di scrittura e lettura. Ognuno di noi, infatti, volente o nolente, è quotidianamente immerso nel mondo digitale, dagli ambienti di lavoro a quelli di casa e nel tempo libero. Il progetto di ricerca e didattico di Ilenia Fronza, ricercatrice e docente di software engineering, è incentrato proprio su questa disciplina che, dagli Stati Uniti, dove è nata, si sta diffondendo anche in Italia.

Bolzano, da questo punto di vista, è precorritrice. Da circa un lustro, Fronza, parallelamente all’attività di insegnamento nelle aule universitarie, porta avanti progetti di insegnamento del pensiero computazionale nelle scuole della provincia, soprattutto alle medie e superiori e, adesso, anche alle elementari. Mentre parla, sulla sua scrivania un robottino blu con un grosso occhio illuminato che lo fa sembrare un minuscolo ciclope di plastica, si avvicina al suo collega d’ufficio e gli chiede se desidera un caffè. “L’ho programmato ieri sera e lo sto testando perché li abbiamo appena comprati”, racconta Fronza. “Si tratta di oggetti utilissimi per trasmettere il pensiero computazionale”. Poi apre un’applicazione sul tablet. Questa permette all’utente, che può essere un bambino di cinque anni ma anche un giovane di 20 anni, di impartire al robot istruzioni di complessità crescente. “In sostanza, con l’applicazione devo capire come portare l’automa a realizzare determinate azioni, analizzando tutto il processo e l’obiettivo”, spiega. “È uno sforzo utile perché applicabile anche in altri contesti”.

Il Computational thinking insegna infatti la capacità di scomporre i problemi – di qualunque tipo, anche i più complessi - per arrivare a una soluzione. Si tratta di allenare la mente ad adottare procedimenti logici e algoritmici indispensabili quando si crea un software ma non necessariamente legati all’informatica. Per riprendere l’espressione coniata da Edgar Morin, l’importante è creare una “testa ben fatta”, non formare precoci compilatori di codici. “Ciò che ci interessa quando siamo nelle classi scolastiche è lavorare sull’attività di ragionamento, sui processi che si celano dietro alla risoluzione di un problema”, spiega Fronza. “Ovviamente, è più affascinante se lo si fa davanti a uno schermo di un tablet o di un pc, ma bastano anche un foglio di carta e una matita e spesso non usiamo altro”.

Nelle scuole di Bolzano il pensiero computazionale è applicato alle materie più diverse. Per esempio, gli studenti delle scuole superiori Pascoli di Bolzano avevano studiato la tematica dell’acqua da diversi punti di vista, concentrandosi soprattutto sull’importanza di questa risorsa per la vita e su come evitarne lo spreco. L’esito dei seminari è stata la creazione di un’applicazione per mezzo di un linguaggio di programmazione visuale che servisse per calcolare e tenere traccia del consumo di acqua di ognuno e di paragonarlo alla media del consumo degli abitanti della regione. Fronza sottolinea come le esperienze svolte siano confortanti e come questi strumenti possano innovare l’insegnamento scolastico dando soddisfazioni a tutti gli attori: ai docenti universitari, agli insegnanti e, in primo luogo, ai ragazzi. “Dal punto di vista della ricerca, puntiamo a perfezionare l’insegnamento del pensiero computazionale e la valutazione del suo apprendimento, problema rilevante nella ricerca in questo campo, fornendo soluzioni software ad hoc”, conclude. “Inoltre, in prospettiva, il contatto diretto della Facoltà con le scuole può contribuire ad aumentare l’interesse per l’informatica e il numero di iscritti con un’impostazione di pensiero già pronta per gli studi universitari”.

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