Alla ricerca del comfort perduto!
Nella rincorsa all’abitazione che non consuma energia, il comfort e la qualità dell’ambiente interno sembravano quasi essersi persi o quantomeno dati per scontati. Oggi il gruppo di ricerca coordinato dal professor Andrea Gasparella, ordinario di Fisica tecnica ambientale alla Facoltà di Scienze e tecnologie, studia le variabili in campo, riportando in primo piano il comfort dell’abitare come requisito progettuale.
Dopo i primi entusiasmi per le abitazioni pensate per ridurre l’impatto ambientale del costruire, una vulgata diffusa ha agitato lo spettro di muffe per case troppo isolate, mancanza di ricambio d’aria o finestre non apribili, insalubrità degli ambienti, surriscaldamento interno, rumorosità e discomfort visivo.
Per trovare la quadra tra le esigenze di salvaguardia dell’ambiente e il comfort abitativo, il professor Gasparella si è presentato, di recente, all’edizione 2016 della fiera Klimahouse con quattro cabine climatiche. Per costruirle, ha mobilitato e messo in campo sinergie con aziende innovative nel settore della tecnologia edilizia. Ogni cabina si focalizza sul ruolo di una delle variabili ambientali che incidono su quello che gli esperti chiamano comfort “termo-igrometrico”: quel comfort legato all’assenza di sensazioni di caldo e freddo in un ambiente. Un comfort che, però, oltre a dipendere da variabili esterne alla persona, dipende anche dalla percezione soggettiva d’ognuno. Da un lato, dunque, temperatura dell’aria, temperatura media radiante, velocità dell’aria e umidità relativa. Dall’altra il metabolismo e il tipo d’abbigliamento. Visto con gli occhi di un fisico ambientale, infatti, il metabolismo umano altro non è che un meccanismo con il quale il corpo regola la propria temperatura “scambiando” calore. Un elemento da tenere in considerazione sulla percezione di comfort.
Il gruppo di ricerca di unibz riprende, di fatto, gli esperimenti avviati negli anni settanta dal danese Povl Ole Fanger per analizzarli grazie alle nuove tecnologie disponibili e confrontarli con nuovi approcci. Con un tablet, il gruppo ha invitato i visitatori della fiera a esprimersi sulla loro percezione di comfort termico all’interno delle cabine, illuminate con colori diversi. La raccolta dati continuerà temporaneamente in un’area ai margini del Parco tecnologico, dove le cabine sono installate attualmente, in attesa dei laboratori. Si tratta comunque di equilibrare tra loro tante variabili, tenendo presente il fattore umano. Il percorso nelle cabine lo mette in luce. Nella prima cabina, in regime invernale, per garantire le condizioni di comfort, l’aria è stata scaldata a una temperatura adeguata per compensare l’effetto delle superfici fredde dell’involucro. L’aria calda all’interno deve, insomma, bilanciare il calore ceduto alle pareti: una soluzione molto comune negli edifici tradizionali, ma energeticamente poco efficiente. Nella seconda cabina si realizza una condizione in cui, semplificando, è l’involucro a scaldare (o a non scaldare) l’aria. Si tratta di una condizione che, oltre a risultare confortevole, può essere energeticamente molto efficiente. La terza cabina è dedicata allo studio degli effetti della velocità dell’aria. Un certo movimento d’aria può aumentare il comfort in estate, ma può essere fastidioso inverno, quando diventa un effetto collaterale del necessario ricambio d’aria.
Infine, nella quarta cabina, viene considerata la variabile “umidità relativa”, che misura la quantità di vapore acqueo nell’aria di un ambiente. Il giusto livello di umidità serve a evitare quella spiacevole sensazione di secchezza di mucose e pelle, ma un eccesso procura la formazione di muffe, di condensazione e una proliferazione batterica. Quale sarà l’esito della raccolta è da vedere. “L’obiettivo di ricerca”, spiega il professore, “è analizzare le indicazioni per progettare ambienti confortevoli sotto il profilo termico, acustico e visivo, garantendo una prestazione energetica ottimale.”
Andrea Gasparella nel laboratorio dell’università dove si testa la qualità dell’isolamento dei cosiddetti componenti opachi, le pareti. “Mi farebbe piacere”, sostiene, “che la nostra ricerca riportasse al centro dell’analisi la progettazione di un ambiente confortevole per gli occupanti. Ovviamente senza rinunciare alla prestazione energetica migliore.”
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