L'industria intelligente
Nella MiniFactory della Libera Università di Bolzano si studiano i flussi della produzione
automatizzata per renderli più snelli ed efficaci.
“Lotto 1”: in gergo economico-aziendale significa poter contare su un sistema in grado di produrre in maniera automatizzata tanti pezzi singoli, diversi tra loro, a costi minimi. In altre parole, significa il massimo della flessibilità e della personalizzazione nella produzione di beni industriali che richiedono assemblaggi e processi produttivi complessi, a costi sostenibili. Fino a un recente passato, questo era un miraggio per la produzione industriale, organizzata in catena di montaggio e su grandi numeri per permettere l’abbattimento dei costi. Ma lo scenario cambia radicalmente in un’ottica industriale 4.0, definizione che nasce nel 2011 in Germania, alla fiera di Hannover, per indicare avveniristicamente la quarta rivoluzione industriale dopo carbone, elettricità e prima informatizzazione. La nuova era contemplerà smart factories, ovvero fabbriche intelligenti, capaci di connettere tra loro informazioni diverse, attinenti a diversi ambiti, e di reagire alle richieste del mercato. Anche di questo si occupa in unibz un nucleo di professori e ricercatori dell’area Ingegneria Industriale e Automazione della Facoltà di Scienze e Tecnologie, che fa principalmente capo a Dominik Matt, coautore di recente del libro Industrie 4.0 – Wie intelligente Vernetzung und kognitive Systeme unsere Arbeit verändern. Assieme a lui, Renato Vidoni, esperto di sistemi robotici e meccatronici, ed Erwin Rauch, esperto di sistemi di produzione ibridi ed adattivi. Se sapranno adattarsi, le piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto industriale italiano, potranno rifiatare e accedere a un mercato globale attraverso reti intelligenti. Cambiamenti importanti si verificheranno, in generale, nel rapporto tra uomo e macchina. “Un tempo”, spiegano i tre scienziati nella MiniFactory allestita in un’aula dell’Università, “c’era separazione, anche per motivi di sicurezza sul lavoro, tra il lavoro automatizzato e quello manuale”. In futuro si prefigura, invece, un rapporto che affranchi ancor di più l’uomo dalla ripetitività e dalla fisicità del lavoro e gli affidi un ruolo di collaborazione e di vicinanza, un sistema ibrido. “Certo”, affermano, “dovrà anche cambiare tutto il sistema normativo, che oggi vieterebbe questa commistione, così come il concetto di controllo e di supervisione”. “I nuovi robot antropomorfi e non”, spiega Renato Vidoni, “diventeranno quasi articolazioni dell’uomo capaci di lavori di altissima precisione”. Una domanda sorge spontanea: ma ciò non significa di fatto una rinuncia al fattore umano? “Tutt’altro”, spiega il ricercatore, “ma è certo che il rinnovamento investirà il tipo di competenze richieste al lavoratore, che non sarà più un mero esecutore, ma piuttosto un problem solver, un decisore e un innovatore. Il suo profilo sarà maggiormente qualificato. Dovrà apprendere in via permanente e sapersi adattare”. Nella MiniFactory di unibz si fa ricerca interdisciplinare e gli studenti sperimentano dal vivo anche questi nuovi sistemi. Sono sistemi capaci di autoregolazione. “Se una filiale di un’impresa è oberata di lavoro, mentre un’altra non ha commesse”, spiega Matt, “il flusso della produzione si ridistribuisce sulle due sedi anche con meccanismi di autocontrollo e di previsione nell’approvvigionamento delle risorse”. “Un effetto importante”, aggiunge Rauch, “sarà quello di evitare surplus produttivi, magazzini troppo pieni o troppo vuoti.” Sarà possibile anche creare partnership con imprese lontane per trovare mercati nei periodi di crisi in una certa area. In sostanza, in una visione positiva, industria 4.0 significa rendere le piccole e medie imprese europee meno sensibili alle fluttuazioni del mercato.
Presa morbida
Se qualcuno avesse dubbi sull’utilità della MiniFactory per il territorio, eccolo servito dal progetto di ricerca interdisciplinare GRASPS. Un acronimo (Grasping And Soft-bodies Picking Systems) che spiega che alcune cose hanno bisogno di una presa morbida. Pensate ai meleti dell’Alto Adige e alla raccolta delle mele, al loro stoccaggio e confezionamento. Come manipolarle senza ammaccarle? Per non parlare delle pere. Nella MiniFactory verranno testati dei sistemi di presa innovativi per una importante impresa di automazione industriale, grazie a GRASPS, progetto che coinvolge varie aree di ricerca della Facoltà di Scienze e Tecnologie, meccatronica/robotica, le tecnologie meccaniche e logistiche, nonché la meccanica agraria, in partenariato con l’istituto di ricerca Fraunhofer Italia. I campi da esplorare sono complessi e l’obiettivo è quello di creare un ambiente cooperativo: dalle capacità della telecamera di individuare gli oggetti, alla definizione della traiettoria, al sistema di presa in sé, in un alternarsi di persone e macchine. Dominik Matt e Renato Vidoni saranno i supervisori del progetto di ricerca, che prevede tre ricercatori impegnati nei prossimi diciotto mesi.
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