Rientro a scuola. Se le barriere in plexiglas nelle classi ormai non sono più all’ordine del giorno, una proposta alternativa per garantire il distanziamento e un ambiente più accogliente nelle aule arriva dalla Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano. Una possibilità a basso costo e ad alto contenuto pedagogico che prevede l’impiego delle piante in classe come dispositivi naturali di benessere.

A settembre, la scuola sarà chiamata a una nuova prova che metterà sotto grande pressione tutto il sistema della formazione e dell’educazione altoatesina e italiana: il rientro in classe dopo lo stop imposto dalla pandemia. Come saranno le classi che insegnanti e alunni troveranno dopo questi mesi di allontanamento? Basteranno le aule tradizionali per rendere sicure ed efficaci le lezioni in tempo di post-covid?

In queste settimane, la prof.ssa Beate Weyland della Facoltà di Scienze della Formazione di Bressanone sta sperimentando una soluzione alternativa basata sull’utilizzo delle piante ornamentali in classe. Per svolgere la simulazione già diverse scuole hanno offerto la disponibilità. La prima è avvenuta recentemente nella scuola primaria Pestalozzi di Bolzano, diretta da Heidi Niederkofler. Weyland, associata di Didattica nel campus di Bressanone, coordina PAD-LAB, un gruppo di ricerca interdisciplinare – tra pedagogia, architettura e design – impegnato nel processo di ripensamento degli spazi scolastici.

Dal 2015 i ricercatori del gruppo hanno accompagnato più di 30 comunità scolastiche e amministrazioni comunali nella redazione di linee-guida pedagogiche e architettoniche per adattare spazi e didattiche alle nuove esigenze culturali e formative delle giovani generazioni. Nei mesi scorsi, a partire dal lockdown, le 10 comunità scolastiche che attualmente sono in convenzione di ricerca con la Libera Università di Bolzano sulla trasformazione di spazi e didattiche, si sono strette intorno al gruppo di ricerca per immaginare possibilità diverse di organizzazione degli spazi scolastici per il rientro a scuola.

L'équipe che sta conducendo la sperimentazione: Terence Leoni, Beate Weyland ed Emanuele Broglio.

La proposta sulla quale stanno lavorando le scuole seguite dal gruppo di ricerca PAD-LAB riguarda l’idea di una “scuola domestica” e da organizzare in maniera tale da offrire a bambini e ragazzi al rientro un senso di accoglienza e di sicurezza genuino grazie anche l’utilizzo delle piante. “Lo sforzo che stiamo facendo è quello di evitare un’accoglienza militaresca e ospedaliera, che può rischiare di mettere paura e di creare situazioni di ansia, totalmente ostili ai processi di apprendimento, osservando comunque le imposizioni di prevenzione contagio”, specifica Weyland.

Le variabili che la docente e il suo gruppo di ricerca stanno esplorando sono tre: il tema del comfort, per cui la scuola e le aule vengono considerate come ambienti “soggiorno” da riconfigurare con postazioni individuali e di piccoli gruppi a isole e riducendo al massimo il setting tradizionale delle batterie di banchi di fronte alla cattedra e alla lavagna; il tema dell’arte, invitando artisti locali a esporre quadri e opere d’arte nelle scuole, o incorniciando “ad arte” i disegni dei bambini per creare bellezza, senso di appartenenza e rapporto con il territorio e, infine, il tema della natura indoor.

“Quello che vorremmo fare e che inizieremo a simulare nelle scuole Pestalozzi di Bolzano e nella scuola elementare in lingua tedesca di Vipiteno è l’inserimento di piante “avatar” a scuola, di cui ogni allievo sarà responsabile e che avrà modo di curare”, spiega Weyland, “queste piante offrono l’occasione di realizzare un distanziamento naturale e possono trasformarsi in strumenti di educazione alla cura e alla salvaguardia del nostro pianeta. Inoltre è stato provato scientificamente che la presenza di piante in un ambiente di apprendimento è benefica non solo per l’umidificazione e il ricambio dell’aria, ma anche perché favorisce l’attenzione e la concentrazione dei bambini”.

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