Un fisico dell’atmosfera di fronte al futuro.

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Di fronte agli scenari drammatici prospettati dai climatologi ci sentiamo spesso sovrastati. Il rischio è che, superato il panico iniziale, dei loro grafici non ci facciamo un bel niente. Marcello Petitta, fisico esperto di servizi climatici in Eurac Research, ci spiega dove sta l’inghippo e come si possa superarlo.

Se non facciamo nulla, il pianeta si andrà a schiantare. Ma se anche spegniamo tutte le spie di stand-by ogni sera, comunque influiamo per un nonnulla. Ci dovrà pensare la grande politica allora, no?
Petitta: Intanto, diciamo che ogni piccola azione del singolo è fondamentale. Altrettanto lo sono le decisioni strategiche dei consessi internazionali. Negli ultimi dieci anni però stiamo lavorando anche su un altro fronte, quello dei servizi climatici. I climatologi elaborano molte informazioni su come cambierà il clima in un lasso di tempo che va dalla settimana a venire ai prossimi cento anni. Queste informazioni potrebbero essere molto utili per chi gestisce un’impresa economica; il punto è come comunicarle e sfruttarle nell’interesse dell’azienda stessa e del pianeta.

Un esempio, per favore.
Petitta: L’Africa è molto vulnerabile ai cambiamenti del clima. Sulla base delle informazioni climatiche, possiamo dare ai contadini consigli su colture che sopportano meglio la siccità, anche se promettono meno raccolto. Spesso però i contadini sono titubanti verso questi cambiamenti. Per questo, nella cornice di un progetto di ricerca in Etiopia, l’Onu offre una copertura assicurativa più ampia ai coltivatori che seguiranno le indicazioni dei ricercatori.

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Reagire ai cambiamenti climatici è giusto e…

Si tratta di convincere i contadini a credervi?
Petitta: Si tratta di cambiare i processi decisionali in un’attività economica tenendo conto di un’incertezza che è più incerta rispetto ad altri rischi. Se dico: “è possibile che la prossima stagione sia un po’ più secca” è più vago che mettere in conto di dover cambiare un aratro dal costo noto ogni x anni. Il rischio però è altrettanto reale. La chiave è lavorare insieme: climatologi, imprenditori, economisti, sociologi e ottimi comunicatori che sappiano mediare. Qual è la vostra parte di scienziati?
Petitta: Scegliere i modelli di previsione più adeguati ed elaborare le informazioni nel modo più comodo perché altri esperti possano quantificare il rischio in termini economici. Gli imprenditori poi sanno il fatto loro, sanno come gestire i rischi.

Nel caso Africa, la collaborazione è “protetta”, con l’Onu a fare da assicuratore. I servizi climatici possono dare anche profitti veri?
Petitta: Le dico solo che tra le prime realtà a occuparsi di servizi climatici c’è stata Climate Corporation. Questa società, acquistata da Monsanto, promette di aiutare gli agricoltori statunitensi a difendersi dagli eventi climatici estremi: vende assicurazioni personalizzate e offre consulenze agronomiche. Nello stesso business ci sono dalla prima ora anche molte società attive in borsa nella compravendita di commodities, cioè beni indifferenziati tra cui grano e carburanti. Dobbiamo valutare se lasciare questa opportunità nelle mani di compagnie private dai nomi a tratti inquietanti o gestirla in modo diverso.

In Europa non si muove nulla?
Petitta: Le prime ad attivarsi sono state le imprese del settore agroalimentare. L’azienda vinicola portoghese Sogrape riconosciuta a livello mondiale sfrutta i servizi climatici per le sue produzioni. Nella stessa direzione si muovono gli agricoltori che introducono coltivazioni a latitudini finora non considerate, per esempio gli ulivi in Alto Adige o i vitigni nell’Inghilterra del sud.

Sono solo iniziative singole?
Petitta: Nel 2015 la Commissione europea ha elaborato una roadmap che ha smosso le acque. Ci sono colossi come il gruppo francese GDF e poche, piccole aziende che si stanno attivando. Come Eurac Research abbiamo organizzato la prima summer school su questo tema e stiamo spingendo per testare servizi a livello alpino, per esempio nel settore turistico.

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In che modo?
Petitta: Vorremmo collaborare, per esempio, con le stazioni sciistiche: grazie a informazioni climatiche precise, potremmo ridurre la quantità di neve sparata, pur senza intaccare la qualità delle piste. In questo modo la stagione sarebbe salva e avremmo risparmiato parecchia acqua. Lo stesso vale per l’irrigazione o la produzione di energia.

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