L’invecchiamento biologico è un dato che riguarda non solo la popolazione italiana nel suo complesso e che impone alcune scelte di politica economica - in campo pensionistico, ad esempio – ma anche le imprese. In particolare, l’età avanzata di chi è al vertice dell’azienda di famiglia, rende necessario considerare le modalità più efficaci per governare la successione. Abbiamo intervistato Alfredo De Massis e Massimiliano Bonacchi, professori alla Facoltà di Economia di unibz.

“Il trasferimento del testimone dai padri ai figli è un momento cruciale per la continuità aziendale. Le statistiche indicano che solo il 30% delle imprese familiari riesce a superare con successo la transizione dalla prima alla seconda generazione, il 12% dalla seconda alla terza, e infine, solo il 4% delle famiglie continua a gestire direttamente l’azienda alla quarta generazione”, affermano Alfredo De Massis e Massimiliano Bonacchi, entrambi professori alla Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano.

Il primo è uno dei maggiori conoscitori dell’universo del Family Business al mondo mentre Bonacchi, invece, è uno specialista di Analisi di bilancio, disciplina che insegna anche in Facoltà. Recentemente, i due professori hanno scritto un articolo - dal titolo “La successione nelle imprese familiari”, pubblicato sul periodico dell’Ordine dei commercialisti del Veneto – in cui hanno condensato alcune loro ricerche sul passaggio di consegne tra generazioni nelle imprese familiari e hanno fornito alcuni esempi di best practices.

Perché le imprese familiari vanno sostenute e preservate?
In paesi come l’Italia e la Germania, ove l’attività imprenditoriale di natura familiare è stata tradizionalmente la spina dorsale dell’economia nazionale, queste imprese sono mediamente molto più longeve delle loro controparti non familiari e contribuiscono in modo decisivo a conferire stabilità al tessuto produttivo dei territori in cui operano. Per sostenere lo sviluppo economico di uno specifico territorio è cruciale contribuire alla sussistenza e alla crescita delle imprese familiari già esistenti. Tanto, si ribadisce, nell’ottica di preservare il tessuto economico tradizionale del nostro paese nella certezza del ruolo centrale giocato dalle imprese familiari per la crescita e per la stabilità del sistema economico nazionale.

Pensate a qualche esempio particolare?
Gli esempi sono molto numerosi e conosciuti: ci sono imprese familiari come Antinori, giunta alla 26° generazione o Frescobaldi, alla terza generazione, operanti in ambito vitivinicolo, oppure, maison del lusso quali Ferragamo, anch’essa alla terza generazione, e Hermès alla sesta generazione. Ma anche Forst, Leitner, Loacker, Salewa, Senfter, Thun tanto per citare alcune imprese del territorio, senza escludere le piccole e medie imprese altoatesine e le imprese artigiane che rappresentano una ricchezza da supportare. Il passaggio generazionale rappresenta uno dei fattori più critici per la sopravvivenza delle imprese familiari.

Come è meglio procedere in questa direzione?
Il primo passo è analizzare le più frequenti cause di fallimento quando il capostipite passa il testimone ai vertici dell’azienda. È utile formalizzare un modello generale di riferimento per gestire la transizione nella maniera meno traumatica possibile, riducendo il livello di stress associato ad un passaggio generazionale che per definizione rappresenta già di per sé una esperienza dolorosa. Oltre a ciò è necessario e quanto mai opportuno prevedere politiche a favore della crescita e dell’innovazione nelle imprese familiari.

In unibz, il prof. Alfredo De Massis dirige anche la piattaforma sul Family Business Management (foto Curzio Castellan, unibz)

Cosa può fare la politica per garantire la sopravvivenza delle imprese familiari nei passaggi di generazioni?
Negli ultimi anni, in Europa in generale ed in Italia in particolare, c’è stata una tendenza legislativa a sostenere la crescita delle economie tramite incentivi alla costituzione di start-up. Lo sviluppo di nuove imprese è importante per un’economia ma non dobbiamo dimenticare che le nuove imprese generano soltanto una minima percentuale della ricchezza prodotta in un determinato territorio e che la maggior parte di esse opera nel settore dei servizi avanzati (le così dette start-up digitali che veicolano servizi tramite app o tramite il web). Queste hanno un impatto pertanto limitato sul piano occupazionale. Infine, si può prevedere verosimilmente che solo un esiguo numero di queste start-up avrà continuità aziendale superiore al quinquennio, incidendo di conseguenza solo marginalmente sulla crescita e stabilità economica territoriale nel lungo periodo. Dunque iniziamo ad accostare al finanziamento alle start-up anche programmi mirati che possano aiutare le imprese esistenti a sopravvivere e mantenersi competitive attraverso le generazioni.

Quali sono le cause che conducono l’impresa verso un diverso assetto proprietario?
Sono sostanzialmente tre. In primo luogo, tra i componenti della famiglia non emergono candidati alla guida dell’azienda. Secondariamente, il fondatore rifiuta i potenziali candidati a guidare l’azienda familiare. Infine, pur in presenza di candidati alla guida dell’impresa, si assume la decisione di non proseguire nell’attività di impresa perché si ritiene che “il gioco non valga più la candela”.

Il passaggio generazionale rappresenta uno dei fattori più critici per la sopravvivenza delle imprese familiari.

Quali soluzioni sono consigliate per una transizione il meno traumatica possibile verso una nuova leadership nell’impresa familiare?
La parola-chiave è “pianificazione”. La mancanza di “legitimacy” - ovvero il riconoscimento delle qualità imprenditoriali agli eredi - è una delle cause più frequenti di malfunzionamento delle transizioni generazionali. Per superare questo ostacolo alcune imprese si sono dotate di regole sulla successione, formalizzando criteri espliciti e obiettivi per l’ingresso dei potenziali successori nel tessuto dell’impresa.

Ad esempio quali?
Aver maturato esperienze in aziende esterne al gruppo, formalizzare dei requisiti di accesso e per gli avanzamenti di carriera e, infine, la nomina di soggetti terzi per la selezione in seno alla famiglia e per assumere decisioni sui loro percorsi di carriera. Gli eredi della società Ferragamo sono complessivamente 25. Nel loro caso, è pattuito formalmente che solo tre di loro entreranno in azienda (sono stati, pertanto, stabiliti requisiti di accesso alla selezione tra cui, per esempio, l’aver lavorato per almeno tre anni in un’azienda diversa da quella di famiglia). Tali best practices non devono necessariamente essere implementate in modo sequenziale; possono anche sovrapporsi temporalmente.

Il prof. Massimiliano Bonacchi, in unibz dal 2016, è un esperto di analisi di bilancio e contabilità manageriale (foto Vicky Rabensteiner, unibz)

Quali politiche favoriscono la sostenibilità intergenerazionale delle imprese familiari?
Fra quelle maggiormente efficaci ci sono quelle volte ad incentivare la crescita e l’innovazione. Di frequente le imprese familiari, anche quando potrebbero potenzialmente crescere con successo, non raggiungono tale obiettivo per carenza di innovazione, e per difficoltà nel gestire la crescita volendo contare esclusivamente sulle “forze” della famiglia. La ragione di queste carenze è da ravvisare essenzialmente in un errata modalità di protezione del ruolo della famiglia proprietaria all’interno dell’azienda. Si osserva di frequente, infatti, un paradosso rispetto all’innovazione.

Quale?
Le imprese familiari hanno una prospettiva di lungo termine e una serie di altre caratteristiche distintive che dovrebbe condurre, secondo buon senso, ad incentivare l’innovazione. Al contrario, si nota invece come le imprese familiari tendano, a volte, a frenare la spinta all’innovazione così come a limitare l’ingresso di nuovi soci. Ciò è dovuto alla volontà di non diluire la quota di proprietà in seno alla famiglia e ad ostacolare l’ingresso di manager non familiari che sottraggano ai familiari stessi il controllo dell’implementazione della strategia aziendale. Questi comportamenti limitano la spinta innovativa ed incrementano l’avversione al rischio. Di conseguenza, essi riducono le chance di sopravvivenza dell’impresa nei periodi di forte stress quale appunto, per eccellenza, quello del passaggio generazionale.

Come si può uscire da quest’impasse?
La spinta imprenditoriale protezionistica volta al mantenimento e consolidamento del ruolo proprietario della famiglia fondatrice è, di fatto, il primo ostacolo alla continuità aziendale in presenza di una transizione generazionale. Pertanto è necessario soddisfare l’esigenza di politiche volte ad incentivare lo sviluppo e l’innovazione. La loro esistenza e concreta fruibilità porterebbe senza dubbio le imprese a coniugare l’interesse al mantenimento del ruolo direzionale della famiglia in seno all’impresa – interesse condiviso e basilare per il mantenimento del tessuto economico fondamentale e più stabile del paese – con le opportunità del mercato, in un circolo virtuoso che porterebbe benefici all’impresa e ai territori in cui essa opera. La nostra esperienza di ricerca, formazione e trasferimento di conoscenze con imprese familiari ci ha consentito di formalizzare alcune best practices per gestire i passaggi generazionali che riportiamo nella figura che segue.

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