La pandemia ha preso alla sprovvista non solo il nostro sistema sanitario, ma anche quello giuridico. A dirlo è Francesco Palermo, direttore dell’Istituto di studi federali comparati di Eurac Research, che spiega perché è importante avere una cornice istituzionale chiara che indichi come gestire le emergenze.

Come ha reagito il nostro sistema giuridico alla crisi sanitaria? 

Francesco Palermo: La fase acuta dell’emergenza è stata caratterizzata da un’impreparazione non solo del sistema sanitario ma anche di quello giuridico e dalla tendenza a volere dare una risposta centralizzata. La gestione della crisi era completamente in mano al Governo, gli enti territoriali avevano margini di azione molto limitati. Questo è successo in molti paesi, non solo in Italia.

E oggi?

Francesco Palermo: A qualche mese di distanza le cose sono cambiate. Ora, sia a livello internazionale che in Italia, assistiamo a una risposta differenziata, c’è stata una preparazione nel frattempo.
Le costituzioni non sono state cambiate – i tempi sarebbero molto lunghi – ma tutte le risposte normative, anche in paesi molto centralizzati come la Francia, sono risposte basate sui territori. In Austria, ad esempio, è stato introdotto il sistema del semaforo per cui ogni territorio è contraddistinto da un colore
che indica il livello di rischio e di conseguenza le misure da attuare. Questo è un segno di evoluzione, di maturità, dimostra una preparazione maggiore. Vale ancora il confronto con il sistema sanitario: mentre a marzo sembrava che l’unica malattia pericolosa fosse il Covid e le altre patologie venivano trascurate, oggi c’è più razionalità nelle risposte sanitarie. Lo stesso sviluppo hanno avuto le risposte normative, anche se il nuovo aumento dei contagi fa crescere paura e calare la razionalità.

La cornice istituzionale però è rimasta la stessa…

Francesco Palermo: Sì, è la stessa. Rispetto ai decreti di marzo, oggi le regioni hanno un margine di libertà maggiore, gli atti del governo sono più attenti alle differenze territoriali di quanto non lo fossero in precedenza, ma il sistema è sempre lo stesso. A definire le regole sono atti del governo e non del  Parlamento. La nostra Costituzione non prevede una disciplina dello stato di emergenza che infatti
è stato dichiarato sulla base di una legge della Protezione Civile, cioè di una legge ordinaria che può essere cambiata anche da una maggioranza occasionale.

Quali sono i rischi?

Francesco Palermo: Sulla base di una legge ordinaria il governo può far saltare in aria il sistema delle fonti del diritto. In stato di emergenza non vale più il riparto di competenze stabilito dalla Costituzione perché valgono le competenze eccezionali. Il problema a lungo termine rimane, bisogna prevedere discipline più
articolate. 

Come incide questa situazione nel rapporto tra Stato e regioni?

Francesco Palermo: In questo senso gli unici contrappesi sono le regioni. Il sistema prevede che il potere di intervento straordinario e urgente per motivi sanitari possa essere esercitato dal governo, ma anche dalle regioni e dai comuni nei relativi ambiti. Di conseguenza il fatto che ci sia un po’ di conflittualità tra stato e regioni è un bene. Altrimenti la situazione sarebbe potenzialmente preoccupante, perché è il governo – e non il parlamento – ad avere la mano sul rubinetto e a poterlo aprire e chiudere a seconda delle esigenze.

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