Pubblicata la monografia di Storia e Regione “Dall’Abissinia alla Spagna: guerre e memoria”. Curato da Andrea Di Michele, del Centro di Competenza Storia Regionale, il volume porta alla luce storie di combattenti per il regime di Mussolini, ma anche di antifascisti, rimaste a lungo sepolte nel secondo dopoguerra.

Gli anni compresi tra il ’35 e il ‘39 hanno rappresentato un momento di svolta nella storia politica del ‘900. In quel quadriennio, il fascismo si affermò come attore eversivo di un sistema delle relazioni internazionali, quello della Società delle Nazioni, che bandiva le guerre di aggressione. Il 3 ottobre del ’35, l’Italia dichiara guerra all’impero etiope e invade l’Abissinia. Dopo la prima Guerra mondiale, si tratta della prima volta in cui uno stato europeo lancia tale sfida agli equilibri internazionali.

Il regime di Mussolini non si limita però alle conquiste in Africa orientale. Il 18 luglio 1936, il generale Francisco Franco solleva le sue truppe contro il legittimo governo repubblicano spagnolo. Dopo tre anni, grazie al sostegno militare ricevuto dall’Italia fascista e dalla Germania nazista,  i golpisti di Franco avranno la meglio sui repubblicani e instaureranno uno dei regimi europei più longevi (il dittatore spagnolo morirà solo nel 1975).

La partecipazione di altoatesini - sia di lingua italiana che tedesca - alle guerre di aggressione del duce è un argomento che ha ricevuto relativamente poca attenzione da parte degli storici. La monografia curata da Andrea Di Michele e pubblicata dal gruppo di ricerca Geschichte und Region/Storia e Regione colma ora questa lacuna. La pubblicazione affronta il tema in un’ottica regionale in senso ampio, indagando anche le vicende dei soldati provenienti dal Trentino e dal Tirolo.

Un'immagine di soldati altoatesini in Abissinia (Collezione Ralser, Brunico)

Numerosi furono gli altoatesini che parteciparono alla guerra in Abissinia”, afferma Di Michele, “si tratta di soldati richiamati alle armi e inquadrati nell’esercito regolare italiano mentre in Spagna le cose andarono diversamente”. All’inizio infatti i soldati italiani in Spagna vennero inviati come truppe di volontari, data la partecipazione non dichiarata apertamente - almeno all’inizio - dell’Italia alla guerra civile spagnola.

Molto diversi furono i numeri: poche decine i soldati in Spagna, un migliaio quelli in Africa Orientale. “Nel mio saggio analizzo il tema della memoria delle guerre fasciste in Alto Adige, un argomento poco studiato anche perché c’è sempre stata una certa ritrosia, da parte soprattutto dei soldati di madrelingua tedesca, a parlare di esperienze che erano doppiamente scomode: sia perché erano state fatte al servizio di una dittatura, sia perché il regime che li aveva inviati a soggiogare gli abissini era lo stesso che aveva oppresso i diritti della minoranza tedesca, di cui anche loro facevano parte”, spiega il ricercatore del Centro di Competenza Storia Regionale. Di Michele ha lavorato su documenti scritti ma ha utilizzato anche una serie di interviste a reduci dall’Abissinia fatte diversi anni fa nell’ambito di un progetto dell’Archivio provinciale. Ha poi approfondito le vicende della odonomastica bolzanina nei suoi riferimenti alle guerre coloniali.

Andrea Di Michele, storico e ricercatore del Centro di Competenza Storia Regionale

L’esperienza della guerra di Spagna fu decisamente minoritaria per gli altoatesini di lingua tedesca anche se non mancano casi straordinari. Su tutti, quello di Wilhem Schrefler, italianizzato come Gugliemo Sandri, che in Spagna completò la sua trasformazione in italiano: un’operazione che ne cambiò l’identità per il resto della vita. La sete di avventura, la fascinazione per una vita improntata alla violenza e le imprese di conquista del regime contribuirono a far maturare in Sandri la decisione di diventare italiano a tutti gli effetti. “Addirittura, tutti a Vipiteno pensavano che Sandri - tornato a casa dopo la fine della seconda guerra mondiale - fosse un altoatesino di lingua italiana con un’ottima conoscenza del dialetto locale”, racconta Di Michele. Se quello di Sandri - Schrefler fu un caso-limite, non fu però l’unico. Altro legionario sudtirolese in Spagna fu tale Andreas Hofer di Glorenza - per ironia della storia, omonimo dell’eroe sudtirolese – di cui però non conosciamo le motivazioni, “anche se si suppone abbia giocato un ruolo non secondario l’istinto di ribellione nei confronti della famiglia”, aggiunge Di Michele.

Se i primi quattro saggi della monografia sono dedicati a quanti combatterono – come richiamati o volontari - nei ranghi dell’esercito del regime fascista, i contributi di Enzo Ianes e Lorenzo Vicentini – per il Trentino – e quelli di Joachim Gatterer e Friedrich Stepanek – per Alto Adige e Tirolo austriaco – si concentrano sui percorsi biografici degli antifascisti in Spagna. “Costoro, soprattutto in Alto Adige e Tirolo, nel secondo dopoguerra ebbero vita tutt’altro che facile”, ammette lo storico, “faticarono molto a reintegrarsi in una realtà sociale e politica caratterizzata da forte conservatorismo, in cui erano stigmatizzati e visti con diffidenza, paradossalmente proprio per la loro adesione alla causa dell’antifascismo”.

Un villaggio etiope (Collezione Ralser, Brunico)

Prossimamente, infine, arriverà a Bolzano la mostra fotografica Fu la Spagna! La mirada feixista sobre la guerra civil espanyola (Fu la Spagna! Lo sguardo fascista sulla guerra civile spagnola, ndt.). Curata da Andrea Di Michele ed esposta a Barcellona al Museu d’Història de Catalunya, l’esposizione raccoglie fotografie e documenti della propaganda fascista dell’epoca della guerra civile spagnola e racchiuderà tre diverse prospettive: quella della propaganda ufficiale del regime, le immagini dei legionari, perlopiù foto private di combattenti, e le foto ufficiali dell’esercito e della marina.

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